Dettagli della mostra
“La guerra che affiora dai documenti esposti in questa mostra è quella che colpisce le persone: fin dal titolo, tratto da una lettera inviata dal fronte, che rileva con semplicità lo strazio della nuova condizione rispetto alla vita precedente.
Militari sloveni, croati, italiani e austriaci combattono insieme sullo stesso fronte imperiale, in un conflitto che stravolge la vita degli individui e delle famiglie insieme al tessuto della città.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, artigiani o negozianti italiani che da tempo lavoravano e risiedevano pacificamente a Trieste e che fino a poco prima erano buoni vicini di casa, divenuti nemici vengono allontanati e condotti in Austria, nel campo di internamento di Katzenau; accomunati in questo destino ai trentini di sentimenti filo italiani. La ricerca, condotta su una fonte inedita e finora sconosciuta agli storici, permette ora di riallacciare i fili con queste realtà, paradigma di un destino simile a uomini e donne che trovandosi a risiedere per qualsiasi motivo su terreno nemico, vengono privati della libertà di movimento e di iniziativa e costretti dalla guerra a subire lunghi periodi di malattie e stenti, dovendo sacrificare con la libertà, non di rado, la stessa vita.
Non una ricostruzione di battaglie dunque né di spostamenti delle linee del fronte, in questa esposizione, ma un’analisi degli effetti della guerra ricostruiti attraverso le fonti. Tra queste, si è volutamente dato spazio anche alle immagini di fiori, nature morte, insieme a quelle delle baracche e del paesaggio intorno a Katzenau, dipinti nei disegni acquerellati da una internata, che testimoniano la ricerca di preservare, pur in una situazione tanto dura, la propria dignità.
Oltre ai soldati, agli internati e al legame con le loro famiglie, sono esposti molti documenti che provengono dalle scuole cittadine: attraverso il linguaggio burocratico delle circolari traspare l’effetto della guerra nelle case. Si indicano gli accorgimenti per sopravvivere, per nutrirsi con altri alimenti, per aiutare l’esercito al fronte; affiora la preoccupazione per il rischio di sbandamento in tanti ragazzi privi della guida dei padri, arruolati e assenti per così lungo tempo.
La fotografia – che in quegli anni trovava una grande diffusione grazie alle straordinarie innovazioni tecniche maturate a cavallo dei due secoli – ci restituisce il viso, l’espressione, i lineamenti di uomini e donne, giovani e vecchi, militari e civili, e insieme ai documenti rende i loro nomi e le loro vite più vicine a noi, a distanza di cento anni.”